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Cibo e Cultura

Cibo e Cultura

CIBO E CULTURA

Perchè abbiamo voluto abbinare il Cibo alla Cultura? Perché dalle nostre parti il cibo è una forma di cultura tradizionale che, con un buon vino, ispira a meditare sulla propria vita e su quanto siamo fortunati ad avere questa tradizione culinaria che si tramanda da secoli nelle famiglie ed ora nei ristoranti.

Alla domenica le famiglie si riuniscono attorno al tavolo ed anche ora che la pandemia ha cercato di dividerci, la tavola ci unisce, magari un po’ più distanziati rispetto a prima, ma continua ad essere il momento della discussione e del confronto tra genitori e figli, tra nonni e nipoti, tra amici e tra quelli che sono a tavola.

Ci sono chef famosi che hanno attinto dalla tradizione culinaria italiana per fare programmi televisivi e altri itineranti sul territorio, che hanno diffuso all’estero la nostra cultura culinaria. Ci sono persone che dall’estero vengono da noi per capire come siamo felici, nazioni in cui non ci sono tradizioni culinarie, “fish and chips”, “hamburger” con tante salse per aggiungere il gusto che manca, chi abbina al cibo Coca Cola o the freddo alla pesca: riteniamoci fortunati ed esaltiamo la nostra cultura culinaria.

AGNOLOTTI E RAVIOLI

Pasta e dolci. Per tutti i golosi, il Monferrato è senza dubbio luogo di tentazione. Importante la pasta fresca, come gli agnolotti ai tre arrosti e i tajarin all’uovo, preparati con la farina del pregiato “mais otto file”, così come la polenta, abbinata a salsiccia, spezzatini e formaggi, e i biscotti di meliga. Anche il miele è un prodotto molto diffuso, in molte varietà autoctone, in particolare quello d’acacia, utilizzato insieme alle nocciole anche per la produzione del torrone. 

Agnolotti o “gobbi”

L’agnolotto è un piatto classico della cucina popolare piemontese: è infatti consuetudine utilizzare per il ripieno gli avanzi di arrosto dei giorni precedenti, triturati e mescolati fra loro, insieme a verdure, formaggio o altri ingredienti. Considerando questa origine risulta improprio parlare di una ricetta tradizionale per il ripieno, in quanto questo variava in relazione agli avanzi a disposizione; il fatto che questa sia da considerare l’origine più genuina dell’agnolotto è attestata dall’utilizzo del sugo d’arrosto per il condimento: questa ricetta infatti prevede di riutilizzare non solo la carne avanzata, ma anche l’intingolo dell’arrosto, coerentemente con la tradizione contadina che prevede di evitare ogni spreco.

I ravioli di Gavi

Il raviolo gaviese per tradizione viene preparato con carni bovine e suine, uova, formaggio, borragine e scarola. Si presenta con una sfoglia sottile e gustosa e si degusta principalmente in 3 modi: al “tocco”, il locale sugo di carne, in scodella al vino e “a culo nudo” (ebbene si, di dice proprio così) cioè solo schiumati, senza condimenti, con solo formaggio grattugiato.

La nascita di questa pasta fresca ripiena è legata alla storia della famiglia che poi le ha dato il nome, la famiglia Raviolo, che risiedeva in questa zona. I Raviolo preparavano questa sfoglia sottile ripiena di formaggio di capra e erbe e la cuocevano in brodo.  In seguito si trasferirono a Genova e i ravioli furono conosciuti come provenienti da Gavi.

SALUMI E FORMAGGI

Salumi e Formaggi.

Il Monferrato conta un’ampia varietà di salumi artigianali, tra cui il salame crudo, a base di carne di maiale, cinghiale o asino, al naturale o aromatizzato, al vino o al tartufo; i cacciatorini, il lardo, la pancetta; la salsiccia, da consumare anche cruda.

Ancor più caratteristico il Salame Cotto, per la cui tutela e valorizzazione i produttori locali hanno deciso di riunirsi in un’associazione. Peculiarità di questi insaccati sono l’utilizzo di materie prime selezionate e i metodi di lavorazione tradizionali, uniti ai segreti e all’originalità di ciascun salumiere che va a personalizzare e a rendere unico ogni prodotto.

Accanto ai salumi i formaggi, per lo più freschi, sia vaccini che caprini; da citare le Robiole, tra cui la famosa Robiola di Cocconato, soffice formaggette a base di latte vaccino, dal gusto delicato, che prende il nome dalla sua stessa area di produzione.

Molti particolari sono i formaggi che sono prodotti a cavallo dell’Appennino ligure con le mandrie di “brune alpine”, razza da latte per definizione, che transitano tra i confini di Liguria e Piemonte alla ricerca dei pascoli più freschi d’estate o della stalla più calda in inverno.

Con il latte di queste mandrie vengono prodotti formaggi speciali, come il “Rian“, dal sapore unico e caratteristico conferito dalla miscela di spezie selezionate, lo “Zafran” formaggio stagionato a pasta morbida, arricchito con lo zafferano, o il “Ciuccu“, formaggio stagionato affinato nelle vinacce di uva.

Oppure formaggi stagionati, quali l’Anzè, formaggio stagionato che si presenta con una crosta liscia di colore giallo, a pasta dura, cotta e a lenta maturazione dal gusto fragrante, delicato, saporito e ad alta stagionatura anche piccante, oppure il Rastè, dal gusto dolce e delicato di noci, piacevolmente ricco, che ad una stagionatura più lunga, acquista un aroma più deciso e speziato.

E ancora i formaggi semifreschi, quale il Bruzzin, semifresco a pasta uniforme e compatta, di colore paglierino e qualche piccola occhiatura, dal sapore dolce e delicato.

Ed infine i formaggi erborinati, per chi vuole gusti ancora più decisi.

LE CARNI

Le carni.

Regina degli allevamenti di questo territorio è la pregiatissima razza bovina piemontese Fassone, celebrata sulle tavole e anche in alcune fiere storiche che si svolgono ogni anno sul territorio.

Con le sue carni si preparano arrosti, brasati ed il famoso Fritto Misto alla Piemontese, il piatto perfetto per chi ama le interiora e le frattaglie. Ma il modo migliore per apprezzare al meglio questa carne, tenera, magra e saporita è forse quello più semplice: consumarla cruda, a grani grossi, “battuta al coltello” secondo la vera tradizione monferrina.

E dopo circa 5 o 6 anni trascorsi in stalla, nutrito e coccolato, il Fassone arriva ed esprimere le sue massime qualità con il nome di Bue Grasso, a cui il paese di Moncalvo dedica una settimana di festa da quasi 400 anni.

Le sue parti più tenere e saporite daranno forma al “Bollito Misto alla Piemontese” che, accompagnato dai bagnetti tradizionali, riesce a conquistare anche i buongustai più esigenti.

Tra le carni bianche, polli, galline e conigli possono essere reperiti nelle botteghe e nei macellai di ogni paese. Tra le razze più famose non si può non citare la Gallina Bionda di Villanova d’Asti, dalle carni delicate e versatili, ottime per insalate, rolate e quale ripieno degli agnolotti. A San Damiano d’Asti invece si alleva il pregiato Cappone, perfetto per un brodo saporito, ripieno a Natale o per un arrosto diverso dal solito.

LE NOCCIOLE IGP

La Nocciola Piemonte IGP. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un posto privilegiato lo occupa la nocciolala cosiddetta“Tonda Gentile” che, considerata la migliore tra le 70 tipologie di nocciola esistenti al mondo,rappresenta un’importante eccellenza del territorio.

Le nocciole hanno riempito il paesaggio ai piedi delle colline di Langhe e Monferrato, dove non si può piantare la vigna. La zona di maggiore produzione è quella intorno al paese di Castellero, inserito tra le città della nocciola italiane, che a questo prodotto ha dedicato un Sentiero tematico e una famosa fiera che si svolge ogni anno nel mese di ottobre. Con la nocciola nel Monferrato i laboratori locali preparano dolci tradizionali, come torte, biscotti, baci di dama, brutti e buoni, ma anche pane, grissini e focacce; da provare il Nocciolio, ricavato dalla spremitura a freddo delle nocciole appena tostate, dal sapore raffinato e persistente.

Gli ortaggi e la frutta.

Le verdure vengono coltivate principalmente nelle aree pianeggianti, in prossimità dei numerosi corsi d’acqua che le attraversano; le più importanti sono la zucca, lo zucchino, il peperone, la verza, il cardo, l’asparago e il topinambur. Come frutta si hanno fragole, ciliegie, pesche, mele, pere, susine, noci e castagne.

SUA MAESTA' IL TARTUFO

Il Tartufo.

Lo amavano già i Sumeri nel 1600 a.c., lo gustavano in varianti di ricette gli ateniesi e i romani (Plinio il vecchio lo definì “callo della terra” e Giovenale affermava che “era preferibile che mancasse il grano piuttosto che i tartufi”).  Poco amato nel medioevo, il Rinascimentone rilanciò il gusto assumendo il primo posto tra le pietanze più raffinate. Il tartufo nero pregiato apparve sulle mense dei signori francesi tra il XIV ed il XV secolo, mentre in Italia in quel periodo si stava affermando il tartufo bianco. Nel ‘700, il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti europee una prelibatezza e tra la fine del XVII ed inizio del XVIII sec.,  Il vero gioiello della gastronomia monferrina è senza dubbio il tartufo, in particolare il pregiato Tartufo Bianco, il “Tuber Magnatum Pico”, che da ottobre a gennaio compare sulle tavole per la gioia dei palati più raffinati.  A questo prodotto si legano molte leggende e tradizioni che continuano a vivere grazie ai “trifulao”, i famosi cercatori di tartufi, e attraverso le numerose fiere ad esso dedicate, sia regionali che nazionali, organizzate periodicamente sul territorio.

E così, secolo dopo secolo, il Tuber magnatum Pico, gioiello nascosto nella terra delle  colline di Langhe Roero e Monferrato, patrimonio dell’umanità Unesco, arriva oggi ancora sulle nostre tavole, e diviene simbolo di una dimensione che racchiude ristorazione, ospitalità e autentico modo di vivere italiano e monferrino.

Se Langhe, Monferrato e Roero sono ormai il distretto gastronomico più importante d’Italia, ecco che ottobre e novembre vedono anche l’Alto Monferrato fiorire  di appuntamenti imperdibili  e occasione  per scoprire i colori suggestivi dell’ autunno di queste colline.

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